Uno schermo illuminato, una tastiera,
una tavoletta elettronica e la pianta del furgone nei minimi dettagli. Se
immaginate così la scrivania di un progettista di camper probabilmente non
sbagliate. Ma se immaginate la “mia” scrivania non potete essere più lontani
dalla realtà.
Le mie creazioni nascono… in camper.
Proprio così. Nelle serate invernali, al caldo tepore del piccolo bozzolo,
mentre la mia famiglia dorme il sonno dei giusti ed io tiro tardi con le
letture, o in quelle calde, estive, con i grilli o le cicale che si fanno
sentire dal portellone aperto, la mente si distrae e incomincia a vagare da un
mobile all’altro. Nella mente si formano le dimensioni, centimetro dopo
centimetro, sportello dopo sportello. La pompa laggiù, il boiler qua, il frigorifero
là sotto…
La mente diventa un foglio bianco, le
immagini del mio mezzo trasmutano e si modificano, lo spazio sfruttabile si
restringe o si dilata; chiudo gli occhi e visualizzo la tridimensionalità. Una
sera, due, tre e l’idea diventa una sfida, la sfida un foglio vero, carta, penna e un righello. Nasce un primo disegno,
una pianta abbozzata, un seme gettato che inizia a crescere. Poi le piante si
moltiplicano, sparse su un tavolo e di nuovo la mente scorre sui fogli, gli
occhi nuovamente si chiudono e il corpo si posa leggero tra quelle linee. Prova
a girarsi, ad aprire gli sportelli, ad entrare in bagno, a cucinare, ad
incrociare un’altra anima immaginaria nel corridoio. Si passa? Ci si
muove? E poi, disposti su un lungo piano
immaginario, gli oggetti di uso comune, quelli estivi o quelli invernali, un
posto per ogni cosa e ogni cosa al suo posto. Alla fine i fogli finiscono la
loro storia nel cestino fino a quando non ne rimane che uno. E’ il momento
della decisione. Comprare la meccanica è il passo definitivo, senza ritorno,
senza ripensamenti, il vero inizio, la prova del nove.
Ma non pensiate che sia tutto deciso.
Il tempo di attesa passa lento come lo sguardo sul foglio di carta, lasciato
apposta in bella vista, finto abbandonato che ti stuzzica ogni volta che ti
avvicini, ogni volta che con la matita provi a spostare una linea, ogni volta
che la linea torna al suo posto perché quello “è” il suo posto, provato e
riprovato, studiato, definitivo.
Quando arriva, il guscio vuoto ti
guarda con cattiveria, ti insinua il dubbio che quello che hai sognato,
disegnato, non può che essere sbagliato: lì dentro tutte quelle linee non ci
stanno, non possono starci!
Ma anche questa volta, dopo il primo
tiepido approccio, tutto inizia a incastrarsi, come in un gigantesco puzzle:
difficile, all’apparenza irrisolvibile, ma, una mossa dopo l’altra sempre più
definito, chiaro, addirittura ovvio. Sempre la mente, una parete dopo l’altra,
un pensile, un piccolo vano, un tubo dell’acqua, sempre lei che immagina come può
venire, finito un mobiletto, quell’altro e quello dopo ancora.
La sfida più grande fino ad ora? Il
Vars su Trafic passo corto. Mi ci sono voluti due anni di uscite in camper per
farci stare tutto. Due sedili full time, la cucina, il mobile capi appesi, il
frigorifero, wc e lavandino bagno, boiler a gas, vano bombole e serbatoio acqua
potabile, due letti più un altro a scomparsa, tutto in due metri e quaranta,
quasi non ci stanno le parole.
Questo è il mio modo di progettare,
con la mente e anche con il cuore, per vendere e guadagnare certo, non si vive
di sola soddisfazione, ma anche per il piacere della sfida, per lo sguardo
scintillante di chi entra nel capannone per ritirare il suo mezzo nuovo, per le
telefonate emozionate dopo la prima uscita, per i rapporti umani che, a volte,
si creano con i clienti che diventano amici.
Qualcuno mi dice che i miei mezzi
sono belli ma sanno poco di… industriale. Ha ragione. Oggi servono le luci a
led che illuminano le pareti, le finiture d’alluminio, le centraline touch
screen, i televisori a scomparsa dietro i mobili,; così si vendono i prodotti
e, a volte, solo a volte per carità, si distraggono i clienti, principalmente i
neofiti, dalla sostanza, da quello che serve veramente per godersi il mezzo
sempre e comunque. Io non riesco ad uniformarmi. Ogni mezzo nasce come se
dovessi usarlo io e, forse, in quelle serate passate a vagare con la mente li
ho veramente usati tutti i “miei” camper puri.
Mario Zaro - Helix Camper
Mario Zaro - Helix Camper
Grande Mario!
RispondiElimina...e bravo il nostro scrittore... ;-)
RispondiEliminaSenza Parole ... e sai che non e' facile ...
RispondiEliminacomplimenti davvero!
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